Nessun giorno puo’ essere uguale qui, in Honduras. Qui dove la citta’ si chiama “El Paraiso”, ma alcune realta’ nascondono un inferno. Qui dove ,nonostante tutto , c’e’ gente che ha voglia di sorridere e farti sentire parte di qualcosa. I giorni scorrono fluidi tra i piedi nudi dei bambini nel fango, il sudore dei ragazzi della comunita’ al lavoro nei campi, le mani rugose e indurite degli anziani che, seduti su una sedia al sole, aspettano il finire del tempo, fermi e cristallizzati. Prima di potertene rendere conto ti ritrovi in mezzo alla gente, a scoprire il confine del mondo in una ruga o negli occhi indagatori di una bambina della montagna. Ti stupisci a scoprire il legame tra il chicco di caffe’ e la droga. Ti stupisci nel ricordare che il ragazzo con cui condividi gioco, pranzo e laboratorio di gruppo ha un passato gia’ mangiato dal dolore. Perche’ qui tutto e’ concentrato nell’autenticita’, nell’incrocio tra te e l’altro, quello che lasci e quello che prendi. Perche’ qui conta il tempo del presente, per quelli che lottano, che vogliono un riscatto costruendo un’opportunita’ per il futuro, con tutta la pesantezza del passato. Parlo dei ragazzi della casa Juan Pablo II. Parlo dei volontari coinvolti nei progetti. Parlo delle ragazze madre che vogliono imparare a essere mamme. Parlo di chi ha voglia di incontrarsi, rischiare e cambiare. Perche’, come l’itineranza, anche il cambiamento e’ la dimensione piu’ umana dell’umanita’.
Stefania Di Stasio
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