“Non chiedere agli altri cosa possono fare per te, ma chiedi a te stesso cosa puoi fare per gli altri”. Questo è un famoso motto, usato anche da J.F. Kennedy, che magari molti conoscono, ma che spesso si tende a sottovalutare. C’è un’unica strada, irta, tortuosa, e densa di ostacoli, che vale la pena di percorrere, ed è quella che conduce a noi stessi. La possibilità di mettersi alla prova, di misurarsi con se stessi, di interagire con gli altri, per giungere alla stessa meta, è un ottimo inizio.
Lo scopo principale della carovana non è raggiungere Tulèar da Fianarantsoa, percorrendo i 500 Km che le dividono, è soprattutto quello di compattare un gruppo. E’ lo straordinario tentativo di unire due culture diversissime tra loro in un unico scopo meraviglioso: condividere. Condividere una sensazione, un sogno, e perché no, un disagio. Uno spettacolare viaggio verso se stessi, dentro se stessi, attraverso e grazie anche ai compagni di carovana. Due ruote per sfidarsi. Pedalare non è camminare, ma lo sforzo, l’attenzione e la concentrazione sono essenziali per compattarsi.
Immaginate: una natura lussuriosa, un territorio rosso, che scherzosamente potrebbe ricordare Marte, pendii, colli e pianure, fiumi e ponti da attraversare, il tutto non per arrivare, ma per andare. Avviarsi in questo sconosciuto mondo che siamo noi stessi.
La scelta del Madagascar non è un caso. E’ un luogo per certi versi soprannaturale, dove la vita non è per niente facile e per capire, a volte, cosa si fa per vivere, ci si deve solo venire. Spesso ci lamentiamo di mere sciocchezze: ebbene in carovana l’essenzialità dell‘equipaggiamento, delle attrezzature, del gesto che si compie per incedere, ci possono davvero far appezzare le cose importanti della vita.
E’ tutto già dentro di noi.
Spero sia un gruppo che si snoda, come un serpente, su strade battute ma sconosciute, che pulsa all’unisono, che pedala con voglia e desiderio, che si mette in gioco, che si da delle possibilità, avendo davvero delle occasioni uniche per guardarsi e conoscersi.
500 Km per osservarsi a 360 gradi su due ruote, che simboleggiano davvero il “tutto tondo”, un modo per guardarsi da ogni punto di vista, pista che Exodus batte da 25 anni, facendo dell’itineranza il suo cavallo di battaglia, usando da sempre questo metodo a scopo terapeutico, ottenendo grossi risultati.
La carovana ti mette alla prova, ti sprona, ti punzecchia, ti ricorda in ogni momento che l’ importante è alzarsi, ed è proprio il caso di dirlo, pedalare. Aza miala amin’ny maro (non farlo da solo ma fallo insieme agli altri).
Mirko Oliviero
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